CriticaCosa pensiamo dei social networkNel corso del tempo abbiamo ragionato sui social network commerciali che vengono comunemente usati e queste sono le critiche che ci sentiamo di condividere e che sono state le basi da cui siamo partiti per realizzare questo progetto. Ci sono un gran numero di problematiche che ci fanno storcere il naso quando parliamo di social, queste possono coinvolgere sia la comunità della piattaforma nel suo insieme o in particolar modo il singolo. In particolare le piattaforme che abbiamo conosciuto fino a questo momento sono chiuse ed appiattite su di un unica dimensione. Le piattaforme sono dei monopoli dell'informazione costruite in modo da tenere gli utenti al loro interno per poterli far consumare quantitativi sempre maggiori di contenuti in modo da poterci speculare sopra. Questo non è un problema di natura esclusivamente economica, ma politica. È un problema politico dal momento in cui le piattaforme non si occupano esclusivamente di "presentare" i contenuti prodotti dalla rete sociale di un utente, ma ne producono di proprio o modificano la percezione che gli utenti possono avere. Se da un lato vogliamo poter conoscere e controllare il modo (algoritmi) con cui le informazioni ci vengono presentate vogliamo anche poter filtrare i contenuti in base alle sensibilità di una comunità. Con il clamore che si è andato creando attorno alle "fake news" si è creato il pretesto per privatizzare la verità collettiva. Chiediamo a multinazionali private di decidere se una foto od un articolo rispettino o meno dei valori che la stessa piattaforma ritiene validi. Noi riteniamo che questo tipo di approccio sia distruttivo ed inutile. I social network per poter rafforzare la loro chiusura di cui abbiamo appena parlato hanno dovuto rinunciare ad una delle caratteristiche potenzialmente sociali delle piattaforme: la comunità, dove da fonti e piattaforme diverse i contenuti degli utenti possono intrecciarsi e mescolarsi, quest anche per cercare di tenere tutto sulla propria piattaforma. Le piattaforme producono alienazioni singole e collettive. Un social network commerciale porta ogni individualità su di un unico piano, dove poi il contenuto più rumoroso si impone sulla collettività. Questo porta il bisogno di soddisfare chiunque sia nella nostra rete che produce quel senso di insoddisfazione e depressione nel esprimere se stessi. Infatti siamo consci del fatto che l'uso di queste piattaforme produce comportamenti dannosi e ampiamente studiati, tra cui:
- Fear of Missing Out. Provare una profonda paura e fastidio all'idea che succeda qualcosa online mentre non siamo collegati. Letteralmente sentirsi “fori dal loop”.
- Notification Trough, Un senso di straziante e dolorosa anticipazione nel momento tra cui si posta qualcosa di personale o creativo online e i primi like, commendi e condivisioni.
- Newsgoggles: Consumo incontrollato di notizie di tragedie senza un vero impatto emotivo o psicologico.
- Unbored Never alone. Costantemente connessi, Mai annoiati. Come fa notare Mark Fisher in Realismo capitalista, una delle spinte che hanno portato alla genesi del punk è sttao proprio quel sentimento di noia, come molti testi ci gridano a sguarcia gola, quella voglia di esprimere se stessi oltre la coltre di grigiore che ci circonda. I social invece attraverso lo stimolo continuo ci fanno proprio affogare in quel clima di mediocrità che ci porta ad appiattire sempre il più soggetto dei nostri dibattiti.
- Info-dependency, dipendenza psicologica dal continuo impatto di nuove informazioni. Spesso si presenta insieme ad una fuga dalle dinamiche naturali che non sono altrettanto stimolanti (quotidianità, scuola, etc). Questo si lega genericamente ad una visione consumista dell'informazione, che va di pari passo all di digestione di contenunità di qualità sempre più infima.
- Ampulsivity In everyday life, gli impulsi umani sono spesso limitati o negati dalle oppurtunita, tempo e spazio. Online gli impulsi non hanno questi limiti e possono essere immediatamente tradotti in azioni. Questo può portare a comportamonti fortemente modellati dalle pulsioni amplificate digitalmente.
- Le dinamiche di interazione sulla piattaforma producono delle aspettative nel "mondo reale" che non possono essere soddisfatte . Quando questo accade seguono inevitabilmente ansia, impazienza, rabbia e frustrazione.
- Swarm mindset e "inversione" : i bot sembrano umani e gli esseri umani si appiattiscono a dei bot. Del resto se per le corporazioni è necessario tenerci incatenati alle loro piattaforme, esse devono anche fare in modo che i nostri dati, le nostre abitudini e ogni nostra espressione sia quanto di più comprensibile ai loro algoritmi, che ovviamente ha come risultato di rendenrci prevebili come bot. Al tempo stesso le intelligenze artificiali affinano sempre di più le loro capacità di previsione, rendendosi quindi sempre più simili ad umani molto ripetitivi.
Perché abbiamo scelto mastodonCorporate vs OpenSarebbe ingenuo pensare che con la nostra istanza Mastodon possiamo eguagliare le dimensioni di servizi centralizzati come Twitter, stesso discorso si potrebbe fare per servizi di condivisione di musica come
Funkwhale, che di certo non ci deve servire a fare concorrenza a Spotify, ma ci permette di mettere in pratica una diversa filosofia della condivisione e a diffondere della musica che magari non entrerà nelle hit parade. Il vantaggio quindi che abbiamo nel fediverso è che possiamo tranquillamente aprire un'istanza sapendo che esistono altri che sono in grado di fornire un servizio più robusto, hanno più banda e server (ad es. mastodon.social conta circa 300.000 utenti) e che la nostra istanza non deve saper fare tutto, ad esempio per condividere i video conviene usare servizi come PeerTube. Oltretutto per quanto noi inizialmente avremo un numero di utenti sicuramente limitato, questi comunque non sono confinati su un'isola, ma abbiamo istanze amiche come bida che sono già attive ed in piena salute. Oltretutto bisogna considerare come noi vogliamo sperimentare l'autogestione della moderazione, provando a coinvolgere specialmente nel primo periodo abbastanza persone nel risolvere le controversie, così anche da avere una risposta critica verso la policy e per capire fino a che punto si possono alleggerire le maglie della nostra politica. Secondo un articolo di Motherboard facebook ha circa 7500 moderatori per 2 miliardi di utenti, bot inclusi, con un rapporto di 1 moderatore per 260.000 utenti. Un'istanza mastodon come bida che conta circa 1300 utenti anche con un tre moderatori attivi ha un vantaggio netto su questo punto, senza considerare come cercare di formare una comunità critica, attraverso l'autogestione della moderazione, Spesso i moderatori Facebook hanno enormi problemi anche nel capire il contesto culturale in cui molti contenuti sono espressi, ad esempio hanno recentemente pubblicato una linea guida interna per capire il significato delle emoji. Questa difficoltà sta ovviamente anche nel capire quali siano i limiti e i valori culturali a cui vogliamo fare riferimento, per questo crediamo che sia necessario autogestire in maniera pubblica la moderazione, ad esempio all'inizio gli admin cercheranno di coinvolgere tutti gli utenti nel decidere se un contenuto/utente va oscurato, ad ogni assemblea si discuterà la policy. Quella che abbiamo scelto rispecchia abbastanza fedelmente quella di bida, con cui abbiamo sicuramente un background politico comune.
Monopolio vs FederatoIl world wide web, le mail, riescono ad essere liberi perché funzionano grazie a dei protocolli che definiscono come due computer possono comunicare. Questi possono stare in un'università, uno spazio occupato, nella sede sottomarina di una Mega-Corporation o su una base aliena, poco importa, per il protocollo finché sappiamo farci capire va tutto bene. Il concetto alla base del fediverso è questo: definire un protocollo con cui varie istanze che ospitano servizi diversi possono parlarsi e mettere in contatto i propri utenti. Quindi ad esempio su Mastodon posso condividere la musica che ascolto su Funkwhale, o magari se la nostra istanza ha poco spazio i video si possono caricare su PeerTube e rigirare. Questo sempre per tornare al discorso che non è necessario che un'istanza sappia fare tutto e accentri a sé tutti gli utenti. Nei servizi della mega-corporation invece la maggiore preoccupazione rimane sempre tenere tutte le informazioni per sé: Youtube aggiorna regolarmente il sito con nuove contromisure per evitare che gli utenti scarichino i video, se andate su Facebook questo richiede un processore d'ultima generazione perché mette il testo di un messaggio promozionale diviso in classi parola per parola.
Verticale vs orizzontaleIl discorso sulla possibilità di gestire i propri dati può essere continuato, ad esempio se un utente volesse cambiare istanza, può tranquillamente scaricare un backup con i propri dati e tornare ad usare la propria identità. Insomma i vostri dati restano vostri. Questo discorso può essere esteso al punto che alcuni utenti si creano le proprie istanze, dove possono avere il pieno controllo su quali istanze bloccare, come configurare l'interfaccia e quali contenuti censurare. L'apporto che speriamo di dare a quest'istanza è quello di legarla sia la territorio che ai movimenti, cercando quindi sia di coinvolgerti tutti nelle assemblee sia facendo degli eventi di autofinanziamento. Come miglioramento dell'interfaccia stiamo sviluppando un calendario comune dove trovare gli eventi, le assemblee e le manifestazioni dei movimenti, un misto tra l'agendona di Radio Blackout e la meravigliosa carta-canta. Questo sia per legare l'istanza al territorio, sia per evitare che facebook sia l'unico polo che aggrega gli eventi su internet, magari se non siamo ancora riusciti a convincervi a seguirci su Mastodon, questo potrebbe essere un buon incentivo!
La comunità si autodeterminaMa fondamentalmente perché tenere un servizio autonomo quando ci sono già situazioni consolidate, che funzionano e hanno finanziamenti? Innanzitutto per creare quel legame con i movimenti e il territorio di cui parlavamo, dove la possibilità di aggiungere il magico calendarietto ci è data anche dal fatto che il codice di Mastodon è aperto e modificabile da tutti. Poi attraverso le assemblee possiamo anche scegliere quali contenuti ospitare, e sopratutto chi tenere fuori. I paletti sono definiti in unico testo, la policy dell'istanza, dove la comunità decide chi e cosa tenere fuori : fasci, razzisti, omofobi e sessisti, per fare un esempio. La possibilità di autodeterminarsi della comunità sta anche nel decidere con che fervore applicare certi punti della policy: noi ad esempio per iniziare abbiamo deciso di impedire che vengano postati messaggi a puro fine commerciale. Per noi è importante per questo coinvolgere la comunità in questo processo di autodeterminazione, sia perché non vogliamo imporre una catena di comando verticale, sia perché vogliamo capire quanto possiamo allargare le maglie della policy, considerando che su alcuni punti come l'antifascismo non avremo transigenza. Sempre in quest'ottica useremo le assemblee a hashtag pubblici per decidere quali utenti e istanze bloccare. L'ultimo punto per scegliere che direzione dare alla community è la possibilità di modificare tranquillamente il codice, con cui possiamo decidere quindi di apportare delle modifiche all'interfaccia o all'algoritmo che secondo noi possono dare un contributo positivo alla piattaforma o inibire delle dinamiche tossiche.
Mercificazione dell'individuoCome abbiamo visto con la gamification, per le piattaforme la nostra attenzione, le nostre relazioni sociali e le passioni sono una forma di capitale, che va continuamente estratta e sfruttata a loro vantaggio. Per questo siamo sempre più indotti a restare sulle piattaforme, per far si che ogni nostro momento sia cristallizzato in una foto, un post o un'interazione tra utenti che possa poi essere registrata ed analizzata dall'algoritmo, permettendo da un lato un processo di apprendimento continuo sulle nostre abitudini, dall'altro permette all'algoritmo di metabolizzare le nuove tendenze che emergono nel gruppo di utenti anche attraverso le nostre esperienze. Per questo quando cazzeggiamo allegramente in rete non siamo solo assorbiti dal ciclo di consumo e produzione perpetuo di contenuti, ma stiamo svolgendo anche un vero e proprio lavoro di addestramento dell'algoritmo, che poi permette a sua volta alle piattaforme di tracciarci meglio, di proporre contenuti sponsorizzati sempre più assiduamente, e di calarci in quel vortice di continua interdipendenza che non è altro che un furto su larga scala della nostra attenzione. Per questo per le piattaforme diventa fondamentale cercare di farci caricare più materiale possibile, e per questo ogni mezzo è lecito. Ad esempio tendendoci il più possibile sulle loro applicazione, cercando di coinvolgerci il più possibile su dibattiti futili e cercando di dare risalto ad opinioni controverse. Questo quindi oltre a darci un'immagine distorta delle persone che ci circondano, tende anche a drenare tutte le nostre energie, che potrebbero essere usate per partecipare a dibattiti più costruttivi ma meno facili da monetizzare.
Per questo, oltre a cercare di creare un ambiente safe, ci poniamo anche di cercare una serie di soluzioni per evitare la mercificazione della nostra comunità, cercando di porre il minor valore possibile nel protagonismo dei singoli. Ad esempio abbiamo deciso di mantenere nella piattaforma il numero di followers e following costante a 42 (perché proprio 42? -> perché è la risposta definitiva al segreto della vita, dell'universo e tutto quanto), o di non mostrare nei toot degli utenti il numero di stelline e condivisioni. Pensiamo che ciò sia utile principalmente per cercare di togliere ogni forma di dipendenza da condivisione per gli utenti, che quindi perderebbero l'incentivo a cercare quel riscatto di dopamina dal nostro media, riuscendo quindi a trovare appagamento dalla discussione in se e non dal giudizio dell'algoritmo. Oltretutto perdendo l'incentivo al protagonismo sulla piattaforma, pensiamo che questo riesca anche ad inibire la ricerca della controversia a tutti i costi sui temi cari alla comunità, promuovendo anche un dibattito più inclusivo.
Ovviamente ci è chiaro che mastodon non è la risposta a tutti i mali del mondo e non possiamo escludere che alcune dinamiche tossiche dei social network non si riprodurranno anche nella nostra istanza. Ma crediamo che sia un esperimento collettivo da realizzare!
Link Reference - ottimi contributi sono stati scritti da utenti di bida (1, 2, 3).
- Qua il creatore di mastodon parla di identità e qua di decentralizzazione
- Qua puoi trovare diverse alternative alle piattaforme commerciali
- Libro l'inconscio tra reale e virtuale
- Articolo su jacobin.